Moxibustione
La moxibustione completa l’agopuntura, di cui è parte integrante. Consiste nella stimolazione degli agopunti mediante il calore prodotto dalla combustione della moxa. La parola cinese “moxa” deriva dal giapponese e significa approssimativamente “erba che brucia”. Nella fattispecie l’erba utilizzata, fina dall’antichità è l’artemisia vulgaris, che cresce spontaneamente anche nei prati europei ed italiani; viene essiccata e lavorata fino a costituire una sorta di fine ovatta (“lana di moxa”), compressa poi in sigari o piccoli coni. L’artemisia non ha in sè alcuna proprietà terapeutica: i benefici sono correlati al calore prodotto dalla sua combustione. Il sigaro di moxa, acceso, viene avvicinato cautamente alla cute del paziente ad una distanza tale da riscaldare gli agopunti prescelti per il trattamento, con movimenti regolari e delicati in senso circolare o longitudinale. Il paziente avverte un gradevole calore, tanto che questo metodo di cura può essere utilizzato nei bambini o nei pazienti che non tollerano la sensazione di puntura.
I coni di moxa, il cui utilizzo è meno frequente in occidente, possono essere fissati alla sommità dell’ago inserito nella cute, che quindi trasmette il calore dell’agopounto, o posizionati direttamente sulla cute, eventualmente con l’interposizione di sottili fettine di zenzero, aglio o uno strato di sale; in ogni caso si tratta di un trattamento gradevole e completamente indolore.